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La località bizantina di Aristianis, sorta presso l’antica città fenicia di Othoca, divenne un centro importante nel 1070, quando l'arcivescovo arborense Theoto vi trasferì la sede vescovile, abbandonando l'ormai decaduta Tharros, e il Giudice Orzocco I la eresse a capitale del Giudicato di Arborea. Il medioevo oristanese fu caratterizzato da numerose guerre tra il giudicato arborense e gli altri regni sardi. Nel 1324 il Giudicato di Arborea si alleò coi catalano-aragonesi, dopo che quest'ultimi sbarcarono sull'isola con l'intento di conquistare i possedimenti pisani per la creazione del Regno di Sardegna, per poi passare a contrastare lungamente gli stessi. La lunga e sanguinosa guerra culminò nel tentativo di egemonia sull'intera isola operato dal giudice Mariano IV e dai suoi figli Ugone III ed Eleonora ; il conflitto devastò l'intera Sardegna, oltre che i due schieramenti, anche a causa delle epidemie di peste. Il Giudicato di Arborea fu il più longevo dei giudicati sardi, e cessò di esistere nel 1420, quando l'ultimo sovrano di Arborea, Guglielmo III di Narbona, cedette quel che rimaneva dell'antico regno alla Corona aragonese per 100.000 fiorini d'oro. Acquisito quindi dagli aragonesi, fu nel 1420 trasformato in marchesato a favore di Leonardo Cubello, discendente da Ugone II di Arborea. Leonardo Alagon, ultimo marchese di Oristano, tentò di rivendicare i propri territori dal Viceré, ma nel 1478 a Macomer il suo esercito subì una pesantissima sconfitta e il marchesato fu annesso definitivamente all'Aragona. Il titolo di marchese di Oristano venne assunto a partire da tale data dai re d'Aragona .Da quel momento Oristano, elevata al rango di città regia il 15 agosto 1479, seguì la comune storia della Sardegna iberica. Dal 1720 Oristano, come il resto dell'isola, passò alla dinastia Savoia.
La torre aragonese di Torregrande fu costruita su disposizione del Vicerè spagnolo Carlo V (1537), inizialmente chiamata Torre del “puerto de Oristan” (1639), solo in età sabauda assunse la denominazione attuale: “Grande de Oristan”, Torre d’Oristano e Gran Torre. È la torre costiera più grande in Sardegna, poiché pensata già in origine come “torre de armas”, cioè come torre “gagliarda”, atta alla difesa pesante. Pur iniziato nella prima metà del ‘500, il torrione è di concezione aragonese, come testimoniano i caratteri dell’architettura di transizione: dalla garitta in muratura sulla porta d’ingresso alla posizionatura delle bocche da fuoco. È dotata di cannoniere superiori in barbetta, cioè la batteria scoperta, e di troniere inferiori, le feritoie, posizionate in casamatta cioè la camera coperta a prova di bomba. Fu progettata come fortilizio con funzioni di avvistamento e di difesa costiera. Rappresenta la più grande Torre fra tutte le 105 torri presenti lungo le coste della Sardegna. Di forma cilindrica, ha un diametro di 20 metri ed un’altezza dal suolo di circa 18 metri. Si sviluppa su due livelli, a 8 metri dal terreno si trova il primo piano destinato a contenere posizionati quattro grossi pezzi di artiglieria puntati verso il mare ed altre direzioni. Nel piano superiore vi è una camera a forma di ballatoio per contenere altre armi da fuoco manovrabili manualmente.
La città di Tharros, ubicata all’estremità meridionale della Penisola del Sinis, venne fondata alla fine dell’VIII sec. a.C. o nel VII da genti fenicie . Oggi le rovine offrono una scenografia naturale di straordinaria bellezza, una suggestiva area archeologica nel cuore della Penisola del Sinis, che si affaccia a terrazza sul mare di San Giovanni di Sinis. Un sito tra i più importanti del Mediterraneo, che appassiona visitatori e studiosi, perchè continua a regalare nuovi spunti di analisi e ricostruzione. Percorrendo le strade che si snodano tra le rovine di questa città Fenicio-Punica (VIII sec. a.C.), si trovano testimonianze legate sostanzialmente all'aspetto funerario e votivo: due necropoli e un tophet, il tipico santuario fenicio-punico. La maggior parte dei resti appartiene invece alla dominazione romana, come le terme (comprensive di un apodyterium, di un vasto frigidarium, un tepidarium e tre calidaria), il castellum aquae (un serbatoio di distribuzione dell'acquedotto della città) ed il cardo maximus, (l'antica strada romana lastricata che era la maggiore arteria cittadina), caratterizzato dalla canalizzazione fognaria ancora oggi in ottimo stato di conservazione. La città fu abitata fino alla metà dell'XI° secolo d.C., quando, essendo troppo esposta agli attacchi dei Saraceni, venne abbandonata a favore di Aristiane, l'attuale Oristano.
I Giganti di Mont'e Prama, le uniche statue che il mondo nuragico ci abbia finora mai restituito, si trovano in mostra nel Museo Civico di Cabras, insieme ai modelli di nuraghi e betili ritrovati nello stesso sito di Sa Marigosa, località del Sinis, nel lontano 1974. Allo stato attuale, l'area di Mont'e Prama rappresenta la monumentalizzazione di un sepolcro, un sito in cui celebrare gli antenati-eroi attraverso l’esaltazione della potenza e della grandezza, quali valori di una ristretta élite di popolazione: l’aristocrazia del popolo nuragico. Rimaste sepolte per secoli in una vasta area del Sinis, distante solo due chilometri dallo stagno di Cabras e non lontano dall'area portuale di Tharros, queste maestose e possenti sculture dallo stile orientaleggiante sono state ricavate da blocchi unici che potevano pesare fino a 400 chili, provenienti da una cava del luogo. Le statue raffigurano gli arcieri che oltre l’arco hanno un braccio protetto da una guaina e da un guanto, i guerrieri che impugnano uno scudo circolare finemente decorato e infine i pugilatori con un guanto armato e uno scudo protettivo sopra la testa. Tutte le statue hanno naso e sopracciglia marcati e dei grandi occhi composti da due cerchi concentrici, a esprimere, forse, potenza e magia. Questa scoperta archeologica costituisce una novità non solo per la Sardegna ma per tutta la zona geografica compresa tra la Grecia e l'Atlantico. Il lavoro degli archeologi mira a restituirci la conoscenza della società che è stata in grado di produrre queste splendide statue e dei suoi contatti con i popoli del resto del Mediterraneo.
Il museo, che si trova a Cabras, è dedicato all'esposizione di reperti archeologici provenienti dalla penisola del Sinis. Il periodo prenuragico e nuragico è documentato dai materiali recuperati con lo scavo del villaggio di Cuccuru is Arrius che ha restituito significative testimonianze a partire dal Neolitico medio. L'età storica è invece ben rappresentata da reperti provenienti dall'antica città di Tharros, costruita dai Fenici su un preesistente villaggio nuragico e ampliata in senso urbano in età punica e poi romana. I materiali fenicio-punici esposti provengono dallo scavo del quartiere artigianale della città e dal tofet al quale riportano le urne e le stele in esposizione. Dal 7 Giugno del 2008 è stata inaugurata la sala dedicata al Relitto di Mal di Ventre. Il museo raccoglie testimonianze che consentono di ricostruire la storia del territorio, in particolare di Tharros, una delle più antiche città in Sardegna. All’interno del museo potrete ammirare l’esposizione dei Giganti di Mont’e Prama, uniche statue che il mondo nuragico ci abbia finora mai restituito.
I palazzi in stile neoclassico e la statua dedicata alla celebre Giudicessa caratterizzano la piazza Eleonora d’Arborea, cuore pulsante di Oristano. La statua fu realizzata nel 1875 dallo scultore fiorentino Ulisse Cambi, su commissione delle donne della nobiltà oristanese, che firmarono una libera sottoscrizione e vollero quel monumento quale esempio di illuminata amministrazione pubblica. Nella mano sinistra, la Giudicessa impugna una pergamena arrotolata: rappresenta la Carta de Logu, l’importante documento giuridico da lei promulgato nel 1392. Tra i punti che probabilmente indussero le nobili oristanesi a finanziare la realizzazione del monumento quelli riguardanti la condizione femminile dell’epoca e sempre di grande attualità. Tra i palazzi che si affacciano in piazza Eleonora d’Arborea ricordiamo il Palazzo Comunale (nel XVII secolo era il convento degli Scolopi, al suo interno c’è la chiesa sconsacrata di San Vincenzo, dell’Ottocento, che è adibita ad aula consiliare), il Palazzo Mameli (XVIII secolo) con i suoi pregevoli balconi in ferro battuto, il Palazzo Corrias e l’edificio dell’Archivio storico.
La torre di San Cristoforo di Oristano è anche nota come Torre di Mariano II. La struttura è stata realizzata su commissione di Giudice Pietro II, per proteggere la zona dai continui saccheggi e incursioni del XIII secolo. la Torre di Mariano costituiva una delle porte che consentivano l’accesso alla città di Oristano. La Torre di San Cristoforo fu realizzata nel 1290, come è attestato dall’incisione posto sull’arco a tutto sesto che sormonta la porta. La Torre di San Cristoforo deve il nome al retablo di San Cristobal, un tempo custodito nella Chiesa di Santa Caterina. La struttura è architettonicamente formata da due corpi di fabbrica; la base è quadrata. I due corpi risultano sovrapposti. I prospetti della Torre di Mariano II sono caratterizzati da un basamento a bugnato regolare. L’intera struttura è completata da una serie di merlature guelfe poste a definire alcuni dei piani nei quali si suddivide il monumento.
La Sartiglia (Sartilla o Sartilia) è una corsa alla stella di origine medievale che si corre l'ultima domenica e il martedì di carnevale ad Oristano. È una fra le più spettacolari e più coreografiche forme di Carnevale della Sardegna. Riecheggia ricordi sfumati di duelli e Crociate, colori spagnoleschi, echi di nobiltà decaduta e costumi agro pastorali. E’ una giostra cavalleresca di antichissime tradizioni in cui si sfidano audaci cavalieri. Sa Sartiglia o Sartilla, come si diceva a Oristano, ha origini castigliane; deriva da Sortija, che a sua volta ha origini latine: sorticola, diminutivo di sors, fortuna, ma anche anello. Nel significato, c’è tutto il senso della gara, che è una corsa all’anello, alla stella, ma anche una festa dai mille simboli, festa della magia, della prosperità e della miseria, del dolore e della speranza. I tamburi rullano incessantemente, quando il cavaliere che indossa la maschera di un misterioso Dio impugna la spada e tenendola dritta davanti a sé, si leva in piedi sulla sella, mentre il cavallo sfreccia al galoppo sfrenato.
Il tempio a pozzo di Santa Cristina (XII sec. A.C.) a Paulilatino è uno dei più mirabili esempi di raffinata tecnica edilizia, nel genere cultuale, del periodo nuragico . La struttura nuragica è composta da un vestibolo (dromos), da un vano scala e da una camera ipogeica con copertura a "tholos"; il tutto è circoscritto da una cinta muraria perimetrale (themenos). I paramenti murari del vano scala e del vano ipogeico sono realizzati con conci di basalto alcalino finemente lavorati. Fra i templi a pozzo conosciuti nell′Isola, quello di Santa Cristina può essere sicuramente definito come il più rappresentativo.
Attorno al tempio si trovano i resti del villaggio dove si può ammirare, in posizione frontale, la "capanna delle riunioni", dotata di un sedile in pietra dall′andamento circolare.
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